Perdafitta
Riconducibile al Neolitico recente (Cultura di Ozieri: databile tra il 3300 e il 2480 A.C.), il menhir Perda Fitta (pietra infissa nel terreno) raffigura, con forme solo abbozzate, la Dea Madre, simbolo e portatrice di fertilità, fecondità ed abbondanza.
Si tratta di un monolite granitico dalla forma arrotondata di m. 1,45 di altezza e con una circonferenza alla base di m. 3,20. Di grande rilevanza è la presenza di 10 coppelle, atte a simboleggiare le mammelle della Dea, in rilievo negativo (ovvero rappresentate con incavi).
La faccia principale, che presenta nella sua sommità una raffigurazione di occhi e bocca appena abbozzata, è rivolta verso est, caratteristica comune nella maggior parte dei menhir sardi ed europei, presumibilmente per motivazioni inerenti al culto.
L'orientamento verso il levare del sole non è l'unica caratteristica che accomuna il menhir Perda Fitta con altri menhir sardi: per ciò che concerne il simbolismo delle coppelle multiple si possono citare "Su furconi de Luxia Arrabiosa" di Pompu e "Genna Prunas" di Guspini; per quel che riguarda la forma indefinita del volto della Dea può essere indicato il menhir di "Corte Semmùcu" di Guspini.
Altre analogie, ben più affascinanti poiché assai lontane geograficamente, possono essere osservate con i menhir scoperti a Filitosa-Sollacaro in Corsica, l'hagar el-mansub (la pietra verticale) di El-mrerat in Palestina e il menhir ritrovato in prossimità del dolmen di Puig-ses-Forques di Gerona (Spagna).